La vita e la carriera

Atelier Modigliani

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Quando Modigliani tornò a Livorno da Parigi si stava dedicando con continuità alla scultura, che non abbandonò fino al 1914 quando il lavoro divenne insostenibile, non solo per le sue finanze, ma soprattutto per la sua salute precaria.
Secondo i racconti dei suoi amici livornesi, quando Modigliani tornò a Livorno chiedeva insistentemente di aiutarlo a trovare un luogo da poter usare come studio e che lo aiutassero anche a procurarsi delle pietre, quelle per lastricare le strade.
Trovato uno spazio in via Gherardi del Testa, che divenne il suo atelier, non si fece più vedere dagli amici, completamente assorbito dal suo lavoro.

Quando decise di tornare a Parigi, non aveva possibilità di portare con sé le sue sculture, sarebbe stato complesso e dispendioso, doveva però liberare il locale che aveva preso in affitto come atelier. 
Secondo la famosa leggenda, chiedendo consiglio agli amici, questi che ritenevano le sue opere piuttosto brutte, lo invitarono a buttarle nei fossi per disfarsene. Sempre secondo la leggenda, Modigliani, ferito da quelle critiche, le gettò davvero nei fossi.

 C’è però un’altra versione, più recente, e anche ben più accreditata: Modigliani chiese aiuto a Roberto Simoncini, un venditore del Mercato Centrale, che conservò le sue sculture e altri oggetti personali. Queste sculture furono rese note, presentandole alla stampa, solo nel 1991. Dopo lunghe traversie sono state ufficialmente riconosciute come autentiche, ma non sono ancora esposte pubblicamente.