La vita e la carriera

Livorno. Due brevi soggiorni

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Per lungo tempo si sono avute poche o fumose notizie riguardo ai soggiorni livornesi di Modigliani: non c’erano documenti di suo pugno, i diari della madre non davano informazioni per quel periodo e le altre fonti non erano certe.

Sarà la mostra “Modigliani, dalla collezione del Dottor Paul Alexandre” tenutasi a Palazzo Grassi a Venezia nel 1993, a fare ampiamente luce non solo su questi periodi, ma in generale sulla vita e la produzione artistica dell’artista. È stato possibile collocare, grazie a lettere e cartoline datate, il primo soggiorno nel 1909 e il secondo nel 1913, in quest’ultimo passò molto tempo in Versilia. In questi soggiorni, seppure brevi e probabilmente determinati sia dalla volontà di rivedere la famiglia che da ragioni di salute, lavorò anche un po’. Ad esempio sappiamo che nel 1909 prese in affitto un atelier in Via Gherardi del Testa a Livorno e realizzò il dipinto de “Il mendicante che portò con sé di ritorno a Parigi.

È durante i soggiorni livornesi che si colloca la famosa leggenda delle teste scolpite dall’artista e poi gettate nei fossi di Livorno. La leggenda si è potuta protrarre proprio grazie alle incertezze documentali e si è basata sulla testimonianza di Gastone Razzaguta, autore di “Virtù degli artisti labronici” che racconta che le sculture realizzate da Modigliani non piacevano agli amici livornesi e gli fu quindi consigliato di disfarsene gettandole nei fossi.: “[…] Dedo, partito pittore, tornava anche scultore, e faceva vedere delle riproduzioni di teste lunghe con certi nasoni, tutte ugualmente tristi. […] Poi come nebbia si dileguò, non senza prima chiedere dove poteva collocare le sculture che sembra avesse prodotte. Buttale nel fosso, gli fu consigliato.” (G. Razzaguta, Virtù degli artisti labronici, Livorno, 1943, p.175).

Nel 1984, presso Villa Maria (che al tempo era sede del Museo Progressivo di Arte Contemporanea della città) si celebrava il centenario della nascita di Modigliani con una mostra. In questa occasione la leggenda riprese vigore e si decise di dragare i fossi per cercare queste teste scomparse. Dopo alcuni giorni di ricerche infruttuose furono trovate tre teste, scolpite alla maniera di Modigliani con pochi tratti e nasi lunghi.
La scoperta fece il giro del mondo, troupe televisive e turisti invasero la città e molti illustri critici d’arte si pronunciarono a favore dell’autenticità delle sculture.
Tuttavia il successo lasciò spazio alla scoperta della verità: una clamorosa beffaTre giovani ragazzi livornesi confessarono sulle pagine del giornale Panorama di aver realizzato una delle teste trovate, “scolpendola” con un trapano. Fecero anche una dimostrazione in diretta tv. 
Anche per le altre due teste, che si continuava a credere fossero vere, si palesò il vero autore: Angelo Froglia, un aspirante artista che dichiarò di averle realizzate non per un semplice scherzo, come nel caso dei ragazzi, ma per svelare il potere persuasivo del mass media e intaccare l’aura di infallibilità dei critici d’arte.
Una beffa che si tinge anche di giallo, con recenti indagini che parlano di azioni ben organizzate e non di iniziative personali, e che fu anche uno scandalo per il mondo della critica d’arte che vide illustri critici esprimersi a favore della veridicità delle teste ritrovate e essere poi pubblicamente e clamorosamente smentiti.

Ma non ci sono solo queste tre teste. Nel 1991, infatti, furono presentate alla stampa altre tre teste dichiarate di Modigliani. Le teste erano state conservate per molti anni da Piero Carboni, un carrozziere. Era il nipote di Roberto Simoncini, il venditore del mercato centrale che Modigliani aveva ritratto nel dipinto “Il Mendicante”, al quale l’artista nel 1909 aveva dato un baule contenente queste sculture, prima di partire per Parigi. Carboni le aveva ritrovate dopo la guerra, tra le macerie della casa dello zio, e le aveva sempre conservate e solo recentemente aveva intuito potessero essere di Modigliani.
La notizia suscitò nuovo scalpore ma il mondo della critica d’arte si mantenne in silenzio. Si dimostrò subito interessato un importante collezionista, esperto di Modigliani che aveva fondato e diretto la Casa Natale di Amedeo Modigliani e lavorava per gli Archivi Legali Modigliani: Carlo Pepi. Tutt’ora tra i maggiori esperti al mondo di Modigliani, era tra i pochi che si erano pronunciati negativamente sulle teste del 1984, riconobbe invece queste come verecosì come due illustri esperti d’arte americani chiamati a pronunciarsi a riguardo. Dopo lunghe traversie legali queste teste sono ufficialmente riconosciute come vere, ma non trovano ancora una collocazione pubblica.